Nei Redskins, vari tutori di Fgp sono usati per prevenire gli infortuni in partita e nella fase post traumatica.
Giocatore per ben 25 anni, fino al 2022; ma già da 15 allenatore. Non c’è che dire, il football americano è una passione viscerale per Michele Fabbrica, 41 anni, che ha trascorso più di mezza vita nelle fila dei Redskins Verona. E non ha intenzione di smettere.
Il Suo amore per questo sport non si discute, eppure Lei dice che vi è connaturato un forte limite…
Sì, perché praticarlo non è semplice. Per più ragioni: da un lato, la grossa componente fisica può scoraggiare i curiosi; dall’altro, l’altrettanto pesante componente mentale - è uno sport pieno di regole - impone di mandare a memoria innumerevoli schemi e tattiche di gioco. Insomma, l’american football è complesso e non consente mezze misure: o lo si ama alla follia, o… ci si accontenta di guardarlo in tv.
Non si potrebbe dire lo stesso per altre discipline?
Secondo me, le due componenti che ho menzionato sono più marginali in altri sport. Il football americano, più similmente al rugby, ti assorbe: il fatto di mettere a dura prova il fisico e di richiedere al contempo una tecnica complessa presuppone il rispetto di una disciplina molto severa da parte dei giocatori. Questo, per alcuni, può sembrare un limite; ma chi supera lo scoglio è gratificato con legami di squadra fortissimi.
Sicuramente un punto di forza: il gruppo è tutto, giusto?
Non ci sono “solisti”, in questo sport, e nessuno può essere lasciato indietro. Se salta uno, saltano tutti. L’insieme di tutto ciò, come dicevo,
rende il football americano particolare, oltre che molto scenico per via delle protezioni indossate in campo. I seguaci sono veri appassionati.
Da allenatore, qual è l’obiettivo del team Redskins?
La nostra missione è far conoscere l’american football, renderlo un po’ meno “di nicchia” e portarlo avanti, a partire dai più giovani.
Ecco, i giovani: quale insegnamento possono trarre?
Il calcio ci ha abituati a vedere il giocatore che si butta a terra. Qui invece la regola è stringere i denti, sopportare la fatica, reggere agli scontri, rialzarsi e lottare insieme per portare a casa il risultato. I ragazzi d’oggi non sono abituati: è l’ostacolo da superare per rimanere.
L’alta fisicità lo rende più pericoloso di altre discipline?
Relativamente: ci si può procurare brutti infortuni pure cadendo dagli sci o dalla bici, o prendendo una gomitata sotto canestro… Certo l’american football è molto fisico, però è anche pieno di regole, e durante gli allenamenti si impara a non fare e a non farsi male. C’è il giusto metodo per tutto: per correre e cadere, per bloccare e placcare. Un ragazzo alla prima esperienza impiega quasi un anno prima di essere pronto a entrare in partita. Va detto, poi, che il football americano di oggi è molto meno cruento di quello degli anni ‘80.
Perché?
Le tecniche di gioco si sono evolute, le azioni sono più rapide, la preparazione atletica pre-partita è spinta al massimo, e anche le fisicità dei giocatori - diciamolo - si sono alleggerite. Ciò non toglie che, sempre nell’ottica di prevenire i traumi, o per guarirli più in fretta, proteggiamo i nostri atleti anche con i tutori, per cui abbiamo instaurato un’utile collaborazione con Fgp.
Quali tipologie di tutori usate?
Di diversi tipi, soprattutto per caviglie, ginocchia e spalle. Quando ho iniziato a giocare io, la cultura medica sportiva era piuttosto scarsa. Da allenatore, ho avuto a cuore il potenziamento di questo aspetto, per un’esperienza sportiva più soddisfacente. In tal senso, i tutori sono grandi alleati.
Rocco Ferrari, medico sportivo delle Zebre, e Moreno Fabbrica, presidente dei Redskins, raccontano il mondo della palla ovale. Spirito di squadra, disciplina e alta preparazione atletica. Ma quando il gioco si fa duro, vengono in aiuto i tutori Fgp. Sul fronte salute: le donne vivono di più ma si ammalano più degli uomini.
LEGGI TUTTO >Nei Redskins, vari tutori di Fgp sono usati per prevenire gli infortuni in partita e nella fase post traumatica.
Giocatore per ben 25 anni, fino al 2022; ma già da 15 allenatore. Non c’è che dire, il football americano è una passione viscerale per Michele Fabbrica, 41 anni, che ha trascorso più di mezza vita nelle fila dei Redskins Verona. E non ha intenzione di smettere.
Il Suo amore per questo sport non si discute, eppure Lei dice che vi è connaturato un forte limite…
Sì, perché praticarlo non è semplice. Per più ragioni: da un lato, la grossa componente fisica può scoraggiare i curiosi; dall’altro, l’altrettanto pesante componente mentale - è uno sport pieno di regole - impone di mandare a memoria innumerevoli schemi e tattiche di gioco. Insomma, l’american football è complesso e non consente mezze misure: o lo si ama alla follia, o… ci si accontenta di guardarlo in tv.
Non si potrebbe dire lo stesso per altre discipline?
Secondo me, le due componenti che ho menzionato sono più marginali in altri sport. Il football americano, più similmente al rugby, ti assorbe: il fatto di mettere a dura prova il fisico e di richiedere al contempo una tecnica complessa presuppone il rispetto di una disciplina molto severa da parte dei giocatori. Questo, per alcuni, può sembrare un limite; ma chi supera lo scoglio è gratificato con legami di squadra fortissimi.
Sicuramente un punto di forza: il gruppo è tutto, giusto?
Non ci sono “solisti”, in questo sport, e nessuno può essere lasciato indietro. Se salta uno, saltano tutti. L’insieme di tutto ciò, come dicevo,
rende il football americano particolare, oltre che molto scenico per via delle protezioni indossate in campo. I seguaci sono veri appassionati.
Da allenatore, qual è l’obiettivo del team Redskins?
La nostra missione è far conoscere l’american football, renderlo un po’ meno “di nicchia” e portarlo avanti, a partire dai più giovani.
Ecco, i giovani: quale insegnamento possono trarre?
Il calcio ci ha abituati a vedere il giocatore che si butta a terra. Qui invece la regola è stringere i denti, sopportare la fatica, reggere agli scontri, rialzarsi e lottare insieme per portare a casa il risultato. I ragazzi d’oggi non sono abituati: è l’ostacolo da superare per rimanere.
L’alta fisicità lo rende più pericoloso di altre discipline?
Relativamente: ci si può procurare brutti infortuni pure cadendo dagli sci o dalla bici, o prendendo una gomitata sotto canestro… Certo l’american football è molto fisico, però è anche pieno di regole, e durante gli allenamenti si impara a non fare e a non farsi male. C’è il giusto metodo per tutto: per correre e cadere, per bloccare e placcare. Un ragazzo alla prima esperienza impiega quasi un anno prima di essere pronto a entrare in partita. Va detto, poi, che il football americano di oggi è molto meno cruento di quello degli anni ‘80.
Perché?
Le tecniche di gioco si sono evolute, le azioni sono più rapide, la preparazione atletica pre-partita è spinta al massimo, e anche le fisicità dei giocatori - diciamolo - si sono alleggerite. Ciò non toglie che, sempre nell’ottica di prevenire i traumi, o per guarirli più in fretta, proteggiamo i nostri atleti anche con i tutori, per cui abbiamo instaurato un’utile collaborazione con Fgp.
Quali tipologie di tutori usate?
Di diversi tipi, soprattutto per caviglie, ginocchia e spalle. Quando ho iniziato a giocare io, la cultura medica sportiva era piuttosto scarsa. Da allenatore, ho avuto a cuore il potenziamento di questo aspetto, per un’esperienza sportiva più soddisfacente. In tal senso, i tutori sono grandi alleati.
Rocco Ferrari, medico sportivo delle Zebre, e Moreno Fabbrica, presidente dei Redskins, raccontano il mondo della palla ovale. Spirito di squadra, disciplina e alta preparazione atletica. Ma quando il gioco si fa duro, vengono in aiuto i tutori Fgp. Sul fronte salute: le donne vivono di più ma si ammalano più degli uomini.
LEGGI TUTTO >Nei Redskins, vari tutori di Fgp sono usati per prevenire gli infortuni in partita e nella fase post traumatica.
Giocatore per ben 25 anni, fino al 2022; ma già da 15 allenatore. Non c’è che dire, il football americano è una passione viscerale per Michele Fabbrica, 41 anni, che ha trascorso più di mezza vita nelle fila dei Redskins Verona. E non ha intenzione di smettere.
Il Suo amore per questo sport non si discute, eppure Lei dice che vi è connaturato un forte limite…
Sì, perché praticarlo non è semplice. Per più ragioni: da un lato, la grossa componente fisica può scoraggiare i curiosi; dall’altro, l’altrettanto pesante componente mentale - è uno sport pieno di regole - impone di mandare a memoria innumerevoli schemi e tattiche di gioco. Insomma, l’american football è complesso e non consente mezze misure: o lo si ama alla follia, o… ci si accontenta di guardarlo in tv.
Non si potrebbe dire lo stesso per altre discipline?
Secondo me, le due componenti che ho menzionato sono più marginali in altri sport. Il football americano, più similmente al rugby, ti assorbe: il fatto di mettere a dura prova il fisico e di richiedere al contempo una tecnica complessa presuppone il rispetto di una disciplina molto severa da parte dei giocatori. Questo, per alcuni, può sembrare un limite; ma chi supera lo scoglio è gratificato con legami di squadra fortissimi.
Sicuramente un punto di forza: il gruppo è tutto, giusto?
Non ci sono “solisti”, in questo sport, e nessuno può essere lasciato indietro. Se salta uno, saltano tutti. L’insieme di tutto ciò, come dicevo,
rende il football americano particolare, oltre che molto scenico per via delle protezioni indossate in campo. I seguaci sono veri appassionati.
Da allenatore, qual è l’obiettivo del team Redskins?
La nostra missione è far conoscere l’american football, renderlo un po’ meno “di nicchia” e portarlo avanti, a partire dai più giovani.
Ecco, i giovani: quale insegnamento possono trarre?
Il calcio ci ha abituati a vedere il giocatore che si butta a terra. Qui invece la regola è stringere i denti, sopportare la fatica, reggere agli scontri, rialzarsi e lottare insieme per portare a casa il risultato. I ragazzi d’oggi non sono abituati: è l’ostacolo da superare per rimanere.
L’alta fisicità lo rende più pericoloso di altre discipline?
Relativamente: ci si può procurare brutti infortuni pure cadendo dagli sci o dalla bici, o prendendo una gomitata sotto canestro… Certo l’american football è molto fisico, però è anche pieno di regole, e durante gli allenamenti si impara a non fare e a non farsi male. C’è il giusto metodo per tutto: per correre e cadere, per bloccare e placcare. Un ragazzo alla prima esperienza impiega quasi un anno prima di essere pronto a entrare in partita. Va detto, poi, che il football americano di oggi è molto meno cruento di quello degli anni ‘80.
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